Una donna che non ha paura: Edda Ciano Mussolini

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1925. Un’adolescente di quindici anni ha appena scoperto che la mamma ha una relazione amorosa con il capostazione del paese. La ragazza prova vergogna e disapprovazione per il comportamento della madre. Non sa ancora che la vita, talvolta, porta donne e uomini a cercare consolazione, rivalsa, o semplicemente una forma d’amore al di fuori dalla vita matrimoniale. E condanna per questo la madre, spesso violenta e scontrosa, una mamma dal ceffone facile, sempre chiusa in cucina. Per la ragazza è semplicemente inconcepibile pensare che il papà possa essere tradito. Sa bene che suo padre ha tradito e tradisce spesso la mamma, soprattutto durante le sue lunghe assenza per lavoro, ma questo non conta. Lui può, lui può tutto.
Questa è la storia di Edda Ciano Mussolini. Nata nel 1910, vive spesso lontana dal padre. Tuttavia tra i due si instaura un legame profondo, fatto di silenzi ricchi di significato. E’ il padre che le insegna che non dovrà mai farsi vedere piangere in pubblico, e soprattutto non dovrà mai avere paura.
La figlia prediletta del duce, la primogenita, è una ragazza capricciosa e testarda, irrequieta e bizzarra, l’unica che riesce a tenere testa al padre e alla quale è permesso di farlo. I genitori vedono nel matrimonio l’unico freno naturale alle intemperanze di questa ragazza intelligente e ribelle: cominciano così a proporre ad Edda una serie di giovanotti con ottime referenze, che vengono scartati uno dopo l’altro. La giovane si invaghisce di un ragazzo ebreo, che presenta alla madre: Rachele, per dispetto, prepara un pranzo a base di prosciutto, cosa che non scompone affatto il pretendente. Benito rifiuta ovviamente di concedere la mano della propria prediletta ad un ebreo, e tra i due la relazione finisce. Sarà tuttavia Edda a far liberare, una decina di anni più tardi, il suo amico ebreo dal campo di concentramento in cui era finito a causa delle vicende razziali.
Edda sposa a Roma il 24 aprile 1930 il conte Galeazzo Ciano, conosciuto ad un ballo pochi mesi prima. Un uomo che Edda definirà perfetto, nonostante sia ancora ella stessa a descriverlo come un marito dalla “mano lesta” e soprattutto come un gran “tombeur de femmes”. La figlia di Mussolini soffrirà molto a causa dei tradimenti del consorte, fino a quando, dopo aver passato un’intera notte tentando invano di ammalarsi di polmonite per spaventare il marito, deciderà che qualsiasi cosa fosse successa lei non sarebbe stata mai più gelosa. Edda e Ciano continuarono a vivere insieme, tra alti e bassi, sostenendosi come fratello e sorella, ma non smisero mai di tradirsi a vicenda.
Scoppia la guerra: Edda lavora fin da subito come infermiera crocerossina, prima a Torino, poi in Albania, dove la sua nave viene affondata da un siluro inglese, ed infine in Sicilia, durante lo sbarco degli Alleati.
Il 25 luglio 1943 la contessa si trova in vacanza al mare con i figli, quando riceve un messaggio del marito Ciano che le chiede di rientrare subito a Roma. Il duce è caduto. Edda si prodiga per trovare un posto sicuro per tutta la famiglia, tentando prima in Vaticano, poi rivolgendosi direttamente ai tedeschi: questi ultimi offrono alla famiglia Ciano una via di fuga per la Spagna, ma si rivelerà invece una trappola che li condurrà in Germania, prigionieri dei nazisti. Il 18 ottobre 1943 Ciano viene arrestato dai funzionari della nuova Repubblica Sociale di Salò e richiamato in Italia: dopo aver messo al sicuro i figli in Svizzera, la donna farà di tutto per cercare di liberare il marito e per evitargli la condanna a morte. Edda tenta di scambiare i diari dell’uomo (anti tedesco) per ottenere in cambio la liberazione del marito; ma Ciano viene barbaramente fucilato l’11 gennaio 1944 a Verona insieme agli altri “traditori”.
Per Edda questo è l’inizio della fine. Nell’ultimo incontro con il duce avvenuto qualche settimana prima, Edda disse a Benito che se non avesse interceduto per Galeazzo lei si sarebbe considerata orfana di padre. La donna è in collera anche con la madre, che non ha mai preso le parti di Ciano in passato, e men che meno in questa circostanza.
Edda si ricongiunge con i figli in Svizzera, sola, e si sposta da una casa di cura all’altra. Ha con sé i diari del marito, che diverranno poi una fonte storica di primaria importanza per ricostruire i fatti del fascismo dal ’36 al ‘43. Ed è in Svizzera che Edda saprà, via radio, della fine terribile di suo padre, della vergognosa fine di piazzale Loreto, del duce appeso a testa in giù con la propria amante Claretta Petacci.
E’ la resa dei conti: Edda viene richiamata in Italia, e con grotteschi capi d’accusa viene mandata al confino a Lipari. Beneficiando di un’amnistia, riesce a ricongiungersi con i figli dopo un anno di distacco, e comincia la battaglia per ottenere la salma del padre e i beni di famiglia, battaglia che dopo lunghi anni riuscirà a vincere.

L’unica cosa che Edda dichiara di aver fatto bene è l’essere riuscita, col tempo, a ricongiungere ciò che rimaneva della sua famiglia: la mamma e la suocera, i figli e le nonne. Donna inflessibile ed autoritaria, chiamata “l’Edda” dai suoi stessi figli, ma al tempo stesso donna fragile e vulnerabile, Edda soffrì di sofferenze inimmaginabili, ma seguendo il consiglio del padre, “mai avere paura”, ha avuto il coraggio, dopo i fatti terribili che hanno segnato la sua esistenza, di vivere una vita quasi normale.

Maria

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Anschluss: così Hitler si prese l’Austria

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Il 13 marzo 1938 si conclude il processo di annessione diretta dell’Austria alla Germania, il cosiddetto “Anschluss”. L’operazione, iniziata solo il giorno precedente, consiste nell’entrata in territorio austriaco da parte dei soldati tedeschi, nell’occupazione delle città e nell’assunzione del pieno controllo di tutte le funzioni statali. Le truppe austriache, nel complesso, non oppongono la minima forma di resistenza e l’Austria cade, fin troppo facilmente, nelle mani naziste, tra lo stupore dei gerarchi e dello stesso Fuhrer. L’Europa si limita ad un richiamo verbale, considerando tuttavia l’Austria quasi “un’estensione territoriale” della stessa Germania, mentre Mussolini avvisato con un telegramma dallo stesso cancelliere del Reich, si ritrova così l’esercito tedesco al Brennero. Per Adolf Hitler, l’Austria è una conquista territoriale fondamentale, per le seguenti ragioni. Primo, si tratta della sua nazione di origine, dato che egli nacque a Branau, un piccolo paesino austriaco di frontiera situato proprio al confine con il territorio tedesco: Hitler predilige fin da adolescente la Germania all’Austria, ne coglie la grandezza dello Stato e del suo popolo, la sua potenza intrinseca e il fascino del mito del “Volk”. Secondo, l’annessione è fondamentale per l’ampliamento dello spazio vitale tedesco: già nel suo Mein Kampf, Hitler elenca quali sono i passi necessari per espandere la Germania e farne così lo stato dominante in Europa e nel mondo. Terzo. in questo modo il dittatore tedesco può esercitare una forte pressione nei confronti dell’Italia, stanziando le proprie truppe alla frontiera sulle Alpi. L’Europa è ben consapevole che Hitler non si fermerà all’Austria, infatti nel giro di pochi anni verranno conquistate e annesse la Cecoslovacchia e la Polonia. Solo dopo l’invasione di quest’ultimo stato, avvenuta il 1 settembre 1939, l’Europa interverrà controllo il dittatore tedesco, ma sarà troppo tardi. Si sarebbe potuto prevedere e fermare Adolf Hitler? Si, sarebbe bastato leggere il Mein Kampf ed interpretarlo non come il suo diario di pensieri, ma come il suo programma politico che il Fuhrer metterà in atto punto per punto: invasioni, guerra, sterminio, genocidio. Ma, ad Inghilterra e Francia, faceva comodo in quel momento che uno stato forte, deciso, bellicoso si imponesse facendo da argine alla “preoccupante” potenza sovietica. Nessuno calcolò la furia e la non-follia di Hitler, ma il suo lucido e trasparente piano di morte e distruzione. L’Europa pagò a caro prezzo quest’errore perdendo, per sempre, il ruolo di continente egemone, a favore degli Stati Uniti.

Per ora, Hitler sfila sulla sua auto scoperta, tra ali di folla festante, il suo cuore trabocca di gioia e di vendetta, ci è riuscito: quel ragazzotto austriaco che vagabondava per le strade senza una meta, schivato da tutti, mai apprezzato per il suo talento da artista che egli pretendeva di avere, quel ragazzotto ora è acclamato e osannato da tutti. Per un attimo il Fuhrer penserà che gli può bastare così, ma è solo un momento, la Cecoslovacchia torna nei suoi occhi.

Roberto Rossetti

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Claretta Petacci: quando l’amore vince la ragione

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Clara Petacci, per i famigliari Claretta, nasce a Roma il 28 febbraio 1912. Fin da bambina, in pieno regime fascista, Clara idolatra il duce, che incontra per caso all’età di vent’anni. Mentre si sta dirigendo verso Ostia con la famiglia nell’aprile del ’32, la macchina dei Petacci viene superata dall’Alfa dell’allora cinquantenne Benito Mussolini: la ragazza riesce ad attirare l’attenzione del duce ad una rotatoria, scambia alcune parole con l’uomo più potente d’Italia e riesce ad ottenere una prima udienza privata. Comincia così una relazione tra i due: inizialmente si tratta per lo più di innumerevoli lettere e biglietti di Claretta al duce, scritti attraverso i quali la donna cerca di ottenere favori per la propria famiglia e soprattutto cerca di avere la possibilità di rivedere il duce; la maggior parte di queste lettere rimangono senza risposta, fino a quando Claretta viene contattata telefonicamente dal duce il 10 novembre 1932 e viene invitata a palazzo Venezia: i due cominciano a vedersi sempre più frequentemente, tanto che diventano amanti nel 1936, pochi mesi prima della separazione di Clara dal marito. La Petacci si rivela un’amante piuttosto “comprensiva”: nonostante sia pazzamente innamorata e gelosa di “Ben”, come usa chiamare il suo adorato nella corrispondenza oggi parzialmente pubblicata e non pretende mai che il capo del governo italiano lasci la propria compagna ufficiale, la moglie donna Rachele; pretende però, a più riprese, che Benito smetta di frequentare le tante amanti di cui si circonda, cosa che il duce non riesce mai a fare del tutto. Il tradimento con le amanti, come quello con la Sarfatti e quello con la Ruspi, esasperano in Claretta un senso di possessione nei confronti dell’amato, che è obbligato a chiamare la donna ogni mezzora per tranquillizzarla e farle sapere i propri spostamenti. Il rapporto tra i due ha un carattere ossessivo, e giunge ad un bivio nel 1943, quando Claretta esausta a causa dei continui tradimenti del duce scoppia in una crisi di nervi; Mussolini, allarmato da questo atteggiamento e dai sempre più continui pettegolezzi al riguardo, decide di farla finita. Ma non si tratta di una decisione definitiva, tanto che già nel luglio dello stesso anno, prima della fatale riunione del Gran consiglio nella notte tra il 24 e il 25, Benito ha bisogno di chiamare la propria amata, probabilmente per informarla di quanto stava succedendo. La vicinanza al duce procura a Clara e alla famiglia Petacci degli indiscussi benefici economici e di visibilità, come ad esempio una villa immensa e  confinante con villa Torlonia, la dimora di Benito. Tuttavia, sarebbe miope e probabilmente sbagliato considerare il legame che ha unito Claretta a Mussolini solo da un punto di vista di rendiconto economico: questo non spiegherebbe infatti la fine atroce alla quale la ragazza è andata incontro pur di stare fino alla fine con l’uomo amato e  osannato, fine della quale Clara aveva una consapevolezza lucida.Claretta è stata una fascista convinta prima ancora di essere l’amante del duce. Ci sono più teorie che ruotano attorno alla figura della donna, una delle quali ritiene che la Petacci fosse una spia tedesca o inglese. Probabilmente non sapremo mai tutta la verità su questo personaggio così controverso, o forse, più semplicemente, non c’è null’altro da sapere: Claretta è stata una donna che è morta per amore, una donna per cui la propria vita, senza aver a fianco Benito Mussolini – uomo e politico, non avrebbe più avuto alcun senso.

Maria

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