Portogallo Campione!

 

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Finalmente ce l’ha fatta! Finalmente anche il Portogallo ha un titolo Internazionale! Infatti, esattamente sei giorni fa il Portogallo ha vinto il suo primo Europeo ai danni della favorita Francia. Ma facciamo un salto indietro nella storia: il Portogallo ha partecipato ai campionati europei per sette volte, ed il primo esordio fu nel 1984. Tra queste sette, esattamente dodici anni fa, il Portogallo riuscì a perdere la sua prima finale nel 2004 contro la sfavoritissima Grecia. La finale si giocò il 4 luglio 2004 contro la casalinga Portogallo e la Grecia. Già 22 giorni prima queste due squadre si incontrarono nella gara inaugurale del torneo vinta 2-1 dai Greci, ma questa volta in palio c’è il titolo di campione d’Europa. Anche questa volta ad avere la meglio è stata la nazionale greca, grazie al gol di Angelos Charisteas al cinquantasettesimo minuto dopo una gara molto tattica. Grazie a questa vittoria la Grecia si laurea per la prima volta campione d’Europa per la prima volta nella storia. Non era mai accaduto prima che la squadra ospitante dell’Europeo venisse sconfitta in finale. A 12 anni di distanza da questa finale in Portogallo si gioca la sua seconda finale nella sua storia giocando contro la casalinga è favorita Francia. La finale si è giocata domenica 10 luglio a Saint-Denis (Parigi). La finale per il Portogallo parte nel pessimo dei modi facendo parecchi errori in difesa e rischiando più volte di subire gol nei minuti iniziali. Come se non bastasse il Portogallo al 24 minuto perde la sua stella Cristiano Ronaldo a causa di una dura entrata sul suo ginocchio sinistro causatagli da Dimitri Payet, costringendolo ad abbandonare il campo in lacrime. Il primo tempo si chiude allora solo 0-0 con una Francia molto propositiva. Per cercare di smuovere le acque Deschamps toglie Payet e fa entrare l’ex juventino Coman. La Francia insiste, ma proprio quando si è presentata una vera e propria occasione da gol, la Francia prende un palo al 91′ minuto con Giroud.
Da qua il Portogallo cerca di avanzare il più possibile grazie alla spinta dell’allenatore portoghese Santos e anche di CR7 che si mostra quasi come un allenatore in seconda. Al 108′ minuto il Portogallo becca una clamorosa traversa su punizione con Guerreiro, ma al 109′ Edér recupera palla si accentra dalla sinistra, e realizza un gran gol dalla lunga distanza, mettendo il pallone nell’angolino basso, rendendo impossibile la presa del portiere francese Lloris. I transalpini sono in ginocchio e tentano il tutto per tutto gettando nella mischia anche il giovane Martial, ma il cuore non è bastato… il Portogallo è stato più forte, il Portogallo è campione d’Europa!

Davide Aimar (11 anni)

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La grande storia degli Europei

 

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Dato che attualmente si stanno svolgendo i campionati europei di calcio, volevo fare una “carrellata”  su tutta la storia degli europei e sui momenti più significativi.

Questo campionato è anche, raramente, conosciuto come Coppa Henri Delaunay, ovvero il nome del suo ideatore, e si svolge ogni quattro anni. A sfidarsi sono le migliori squadre d’Europa. All’inizio, dal 1960 al 1976, il numero delle squadre era limitato, in quanto partecipavano solamente quattro squadre, ma dal 1980 il numero salì a otto squadre e così rimase fino al 1992. Dal 1996 fino al 2012 fu introdotta la formula con sedici squadre, ma da questo europeo 2016 si passa a ventiquattro squadre. La squadra che ha il record di partecipazioni all’Europeo è la Germania, che è anche la squadra più titolata insieme alla Spagna.
La formula di gara nella fase finale si svolge con dei gironi “all’italiana”. La nuova formula prevede sei gruppi iniziali con diversi criteri per eventuali pareggi in classifica di due o più squadre:

1. Maggior numero di punti negli scontri diretti;
2. Miglior differenza reti negli scontri diretti;
3. Maggior numero di reti realizzate negli scontri diretti;
4. Riproposizione dei primi tre criteri applicati esclusivamente alle gare tra le squadre in questione;
5. Miglior differenza reti totale;
6. Maggior numero di gol realizzati in totale;
7. Miglior condotta fair play.

Anche interessante è sapere la scelta del paese ospitante, che in passato si decideva con uno dei quattro paesi la cui nazionale era riuscita a qualificarsi: dal 1980 non è più così, in quanto ogni federazione può presentare la propria candidatura.

Importante è anche conoscere i cannonieri che furono e sono i migliori protagonisti dal primo Europeo del 1960 ad oggi (incluse sono anche le qualificazioni). Ecco la TOP 5:

· in pole position troviamo Cristiano Ronaldo, con 28 reti;
· al secondo posto si trova Zlatan Ibrahimovic, con 25 gol;
· in terza posizione troviamo Robbie Keane, con 23 reti;
· il quarto classificato è Jan Coller, con 21 gol;
· infine, in quinta posizione, troviamo Wayne Rooney, con 19 centri.

Come ultima “frivolezza”, volevo ricordare la mascotte dell’Italia che dal 1980 ad oggi ci accompagna in ogni gara: si tratta di Pinocchio, con il suo lungo naso tricolore!

Davide Aimar (11 anni)

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La Fede nell’Uomo, tra Illuminismo e Festa della Repubblica

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Ogni fenomeno o fatto ha un proprio inizio, a volte recente e facile da individuare, a volte remoto e per questo difficile da rintracciare o da ricordare. Se oggi, 2 giugno 2016, celebriamo la Festa della Repubblica un inizio lo dobbiamo rintracciare. E’ stata una Repubblica, la nostra, fondata sul sangue di una guerra civile che a metà Novecento ha sconvolto il nostro paese lasciandolo povero, distrutto e ridotto alla fama. E’ stato grazie al merito di uomini che, rimboccandosi le maniche, hanno insieme deciso di ricostruire un paese, mattone dopo mattone, casa dopo casa, speranza dopo speranza. Nell’arco di pochi anni, l’Italia ha saputo darsi una forma repubblicana, una costituzione e rimettere in moto l’economia dello stato. C’era la volontà di non dimenticare, di ricordare, di fare tesoro di quanto accaduto perché in futuro, le nuove generazioni non si trovassero a combattere le stesse guerre e a rivivere le stesse paure. Era la speranza nella forza dell’uomo unita all’idea di libertà. Era come se quel vento di speranza e di libertà fosse tornato a spirare sull’Europa dopo decenni di totalitarismo e di oppressione. Era un vento dalla origini antiche. Era la stessa convinzione, nella stessa forza e nella stessa libertà, che aveva spinto, un secolo prima, il nostro popolo a combattere per la libertà del paese dallo “straniero oppressore”. Nell’Ottocento, convinti di essere nel giusto, convinti nella forza dell’uomo e nell’idea che la libertà era il bene più prezioso a disposizione dell’uomo, riconquistammo quelle che credevamo essere le nostre terre e creammo uno stato. Uno stato che era unito territorialmente, ma non umanamente, lo era come geografia, ma non come popolo. Ancora una volta la forza della speranza unita all’idea di libertà bastò per reggere le sorti di questo stato fino all’avvento distruttivo del fascismo. Ma se anche nella seconda metà dell’Ottocento vigevano gli stessi ideali di speranza nell’uomo e nell’idea di libertà, per ricercarne le origini dobbiamo retrocedere ancora nel tempo. In questo percorso all’indietro troviamo tante rivoluzioni industriali, sociali e politiche. La forza nella speranza dell’uomo causava progressi tecnologici mai visti prima, l’idea di libertà spingeva le masse povere ad imbracciare i bastoni per rivoltarsi ai monarchi assoluti. E’ un vento, quello della libertà, che spira per tutto l’Ottocento, che arriva dal Settecento. E’ un vento fresco, nuovo, che spinge a credere nelle potenzialità dell’uomo. Questo è il nostro punto di arrivo, che è il punto di partenza da cui speranza e libertà si fondano nell’idea che l’uomo possa essere al centro del mondo, che possa con le proprie forze divenire giudice del proprio futuro. Nel Settecento, fu l’Illuminismo a concludere il Medioevo e aprire le porte dell’epoca moderna. Grazie a questo movimento di uomini e di idee si mise al centro dell’interesse l’uomo, nella sua totalità, ponendo sotto il vaglio della Ragione tutti gli aspetti della vita umana, religione compresa. Per la prima volta l’Uomo non aveva più scuse, scuse di un Dio che predestinava il suo futuro, che lo guidava lungo un percorso già scritto. La fine dell’età buia, in cui l’Uomo non aveva l’idea di se stesso, finisce quando si accende la luce dell’Illuminismo. Illuminismo appunto è illuminare l’Uomo con la luce della Ragione. La secolarizzazione che ne è seguita e che ha comportato la riappropriazione dell’uomo nel mondo, nel secolo appunto, con la crisi dei movimenti religiosi ha percorso i tempi con i venti di speranza e libertà cedendo il passo, solo in epoca contemporanea, alla globalizzazione. Quest’ultimo fenomeno, di massa come il precedente, ha causato l’uniformazione dell’Uomo ad uno standard preconfezionato spegnando la speranza e riducendo la libertà ad uno spazio sui social network. Ma i venti di speranza e libertà nell’Uomo continuano a spirare, mossi da un ideale che dal Settecento non si è mai sopito, solo che oggi piuttosto che continuare a cavalcarli si preferisce chiuderli fuori dalla finestra.

 Roberto Rossetti

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Salvatore Riina dichiara guerra

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E’ tristemente manifesto che, durante la oramai centenaria lotta tra Stato e mafia, Cosa nostra ha sempre vinto perché la sua rivale non è mai stata in grado di guardare al di là del proprio naso o, ancora più scoraggiante, non abbia voluto farlo: proprio come in questi giorni di rivolta popolare contro il programma televisivo Porta a Porta, reo di aver invitato in studio il terzo genito di Salvatore Riina. Ancora una volta il vecchio leone chiuso in gabbia, da un quarto di secolo, ha attirato l’attenzione su di sé. Provando ad andare oltre l’emotività di sdegno (giustificato) contro l’iniziativa di Vespa, sarebbe interessante focalizzare il motivo per cui questo libro è stato scritto da Riina jr. Facciamo ordine. Nessun appartenente alla famiglia Riina avrebbe preso l’iniziativa, tanto meno la responsabilità, di scrivere un libro riferito al capo di Cosa nostra senza l’avvallo di quest’ultimo, Totò Riina. Secondo le “regole” dell’organizzazione mafiosa il capo, anche se in carcere, è sempre il Riina. In questi ultimi tempi sta accadendo un fatto nuovo: in carcere, durante l’ora d’aria, Riina parla con il suo compagno di cella, rivendicando stragi e modalità di esecuzione, vere e presunte. L’uomo che ha fatto del silenzio e dell’omertà uno dei pilastri della propria vita, ora è un fiume in piena: i racconti si susseguono in modo incessante. Soprattutto, Riina ordina, senza successo, la morte del/dei giudice/i che si occupano di condurre il processo Trattativa Stato-mafia. Ma i suoi ordini rimangono vani, fortunatamente. E’ un Riina disorientato quello in carcere, che non riconosce più la sua Cosa nostra, quella degli anni ’80 e ’90, quella che quando si decideva un agguato “lo si faceva su, senza pensarci più″ (cit. S. Riina), quella organizzazione che sapeva fare paura allo Stato e che, per certi versi, lo comandava e lo costringeva a scendere a patti. Oggi, la mafia, di fuori, è cambiata, è in fase di riorganizzazione: il latitante Matteo Messina Denaro, colui che con un gesto eclatante dovrebbe prendere in mano le redini dell’organizzazione, si guarda bene dal compiere attentati clamorosi per timore di una vera e propria azione dello Stato rivolta alla sua cattura (si prenda ad esempio la cattura di Riina dopo le stragi del 1992 di Capaci e via d’Amelio, a seguito del sommovimento popolare che invocava, pretendeva e urlava la cattura dello stragista, fatto che avvenne nel gennaio del 1993). La mafia sta provando a riorganizzarsi ripartendo dal basso, dai cosiddetti mandamenti, da quel ceppo duro che ha sempre garantito nella storia persone fedeli e “soldati” efferati: tuttavia, grazie all’azione coraggiosa dei magistrati palermitani, questa ricostruzione viene puntualmente azzerata, facendo sempre più “terra bruciata” intorno al Messina Denaro. Ancora. La Cosa nostra del nuovo millennio, sulla impostazione che ne aveva dato Bernardo Provenzano a fine anni novanta, è un’organizzazione che parla di economia, finanza, investimenti, società per azioni, dimenticando il linguaggio “Riiniano” di bombe, mitra, stragi, sangue, morti. La prima è una impostazione che permette ai malavitosi di operare in silenzio, mentre la seconda ha sempre causato una forte focalizzazione mediatica a seguito di stragi divenute oramai storiche. Tutto questo non può essere accettato dal capo dei capi, il quale non solo non riconosce più la “sua organizzazione”, ma neanche la società: negli anni’80 e ’90, appunto, alla rabbia dei giorni immediatamente successivi ai delitti, ad esempio di Capaci e via d’Amelio, non faceva quasi mai seguito un’azione duratura di protesta popolare. Oggi, grazie alle numerose organizzazioni sparse sul territorio italiano e alla buona volontà di tanti cittadini, tutti ispirati agli insegnamenti di Falcone e Borsellino, la società scende in piazza come all’epoca, ma non solo, si pone essa stessa come garante, come scudo nei confronti di giudici, di magistrati, dei rappresentanti delle forze dell’ordine, degli agenti di scorta. E’ una società che, per certi versi, sostituisce lo Stato nella richiesta e pretesa di una eliminazione totale e duratura del fenomeno mafioso, anche se purtroppo non dispone, come lo Stato, dei mezzi per poter perpetrare tale azione. La partita continua allora il suo corso. Nonostante l’età, il carcere duro, il peso dell’anonimato di tanti anni, Salvatore Riina non ha perso la voglia di lottare e riprendere ciò che lui pretende: il suo ruolo di capo dell’organizzazione: tuttavia, il boss è cosciente del fatto che, se non può esserlo più lui, questo ruolo può e deve passare ad una persona fidata, dato che neanche chi è fuori lo segue più. Allora dal carcere Salvatore Riina pensa, mentre lo Stato, come cantava De Andrè, “…si costerna, si indegna, si impegna, poi getta la spugna con gran dignità…”

 Roberto Rossetti

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Cultura deviata: il problema dell’infibulazione

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Il 6 febbraio ricorre la giornata internazionale contro l’infibulazione, ovvero la mutilazione genitale femminile.
Il termine infibulazione deriva dal latino fibula, spilla. Si tratta di una pratica che ha esclusivamente origini culturali e non religiose, anche se è per lo più diffusa nei paesi di fede islamica.
L’infibulazione è praticata su bambine e ragazze in età adolescenziale, spesso senza alcun tipo di anestesia. L’operazione consiste nell’esportazione del clitoride, delle piccole labbra e parte delle grandi labbra, e termina con la cucitura della vulva; essa viene “scucita” soltanto al momento del matrimonio per permettere il rapporto sessuale e il conseguente parto. Dopo la nascita, la vulva viene ricucita.
La storia di questa pratica è molto antica e avvolta nel mistero; nata probabilmente nell’antico Egitto, era praticata anche a Roma come misura per controllare la sessualità delle schiave. Erano e sono le donne a praticare l’infibulazione ad altre donne, si tratta in sostanza di una pratica che viene trasmessa da madre in figlia. Per lo più viene vissuta come una sorta di rito di iniziazione, e le madri, nonostante abbiano provato a loro volta il dolore fisico e psicologico che comporta tale operazione, desiderano che le proprie figlie vi siano sottoposte perché altrimenti non sarebbero accettate dalla società, in quanto sarebbero considerate degli essere “impuri”, impossibilitate a contrarre matrimonio.
Nel mondo sono più di cento milioni le donne che subiscono questo trattamento, in più di quaranta paesi, e con punte che sfiorano il 100% della popolazione femminile in Egitto e in Somalia. Anche nelle grandi metropoli occidentali si registrano centinaia di migliaia di donne infibulate, e nella sola Italia sono più di quarantamila.
Nemmeno i sostenitori del multiculturalismo possono restare indifferenti a questa usanza e tradizione così poco giustificabile, il cui significato è sinonimo solo alla perdita della propria individualità e dei propri diritti fondamentali, oltre che a innumerevoli rinunce e sofferenze.

Maria

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