La libertà è donna: contro le violenze sulle donne

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Gli episodi di violenza contro il genere femminile sono sempre più numerosi e fanno sempre più clamore quando salgono alla ribalta delle cronache. Questo fenomeno ha origini antichissime, ed è sostanzialmente frutto della concezione ignobile per cui le donne sarebbero inferiori agli uomini.
Fanno riflettere i dati diffusi da un’indagine condotta dall’ISTAT nel 2006: il 31.9% della popolazione italiana femminile di età compresa tra i 16 e i 70 anni ha dichiarato di aver subito, almeno una volta nella vita, violenza da parte del sesso opposto. Più del 90% delle quasi sette milioni di donne ad aver subito violenza non ha dichiarato il fatto alle autorità di competenza. La domanda che sorge spontanea è: che cosa spinge una donna a non voler denunciare un fatto tanto grave e soprattutto la persona che lo ha perpetrato?
In Italia ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo a cui è o è stata legata sentimentalmente. La maggior parte dei casi di violenza subita dalle donne è di natura famigliare, vissuta all’interno delle mura domestiche. Nelle donne che subiscono violenza da parte del proprio partner entrano in gioco diverse forze, la prima delle quali è l’intenzione di salvare o “cambiare” il compagno stesso. Spesso le donne non riescono a rassegnarsi all’idea di un amore che è andato in pezzi; anche le confidenze con i parenti talvolta portano le vittime a rivedere la propria posizione, e ad assecondare i partner che tentano di sminuirle e disistimarle. E’ un processo, quello della disistima di se stesse, che interessa anche le donne “in carriera”, le più colte e socialmente attive.
Esistono diversi tipi di violenza, a partire da quella fisica a quella più sottile e subdola, la violenza psicologica, frutto di un amore malato e distorto, che spesso mette le donne maggiormente in difficoltà nel trovare il coraggio di sottrarsi allo stillicidio quotidiano fatto allo stesso tempo di carezze e schiaffi verbali.
Che fare, dunque? Le donne che sono vittima di qualsiasi tipo di violenza dovrebbero trovare la forza di mettersi in contatto con il più vicino centro di ascolto, aiuto e sostegno. Troveranno delle esperte che sapranno consigliarle e insieme potranno elaborare una via di uscita.
In secondo luogo, consiglio a tutti, uomini e donne, di leggere Questo non è amore, una raccolta di storie che raccontano la violenza domestica sulle donne. Perché, in definitiva, quello della violenza sulle donne è un vero e proprio problema culturale, che andrebbe capito e sradicato con una maggiore sensibilizzazione sul tema.

Maria 

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Mitis Iudex Dominus Iesus: La riforma di Francesco

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Con la lettera apostolica Mitis Iudex Dominus Iesus  rilasciata in forma di “Motu Proprio” Papa Francesco applica la riforma del processo canonico per le cause di dichiarazione di nullità del matrimonio nel codice di diritto canonico. Tale riforma, secondo quanto riportato nella premessa iniziale, è stata suggerita e sollecitata dalle esigenze del mondo secolare e dalla necessità della Chiesa di essere presente nel mondo e di rappresentare ancora una via sicura per le anime dei fedeli. La riforma prosegue nel solco tracciato dagli insegnamenti di Paolo VI, il quale durante il suo pontificato con forza si pronunciò sulla cura e salvezza delle anime secondo il “disegno divino della Trinità, per cui tutte le sue istituzioni devono tendere al fine di comunicare la grazia divina e favorire il bene dei fedeli”. Con tale riforma Francesco intende favorire non la nullità dei matrimoni, come erroneamente si è letto in diversi articoli pubblicati sull’argomento, ma la celerità e la semplicità dei processi affinché “il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio”. Il ruolo del vescovo è centrale in questa riforma: egli sarà giudice “affinché sia tradotto finalmente in pratica l’insegnamento del Concilio Vaticano II in cui si è stabilito di rendere evidente che il vescovo stesso nella sua Chiesa è pastore e capo e giudice tra i fedeli”. Inoltre, egli dovrà accompagnare i coniugi non solo durante il processo nel ruolo di giudice, ma anche nel percorso successivo della loro vita nel ruolo di pastore e confessore. Tra le circostanze che possono consentire la causa di nullità del matrimonio per mezzo del processo breve vi sono: mancanza di fede, la brevità della vita coniugale, l’aborto, la relazione extraconiugale, l’occultamento della sterilità o di una grave malattia, la violenza fisica inferta per estorcere consenso. Si è portati a dubitare della capacità della Chiesa di essere “presente nel mondo”, di essere legata a concetti o dogmi  antichi e oramai superati, di non comprendere i fedeli, di non essere al passo con la modernità, quando non ci si accorge della sua capacità di vivere nel mondo. Vivere non vuol dire per forza accettare ed adeguare, vuol dire comprendere  e confrontarsi con se stessa, la propria tradizione, il proprio credo e tracciare il cammino dei fedeli.

Francesco ha scelto un pontificato “orizzontale”, da condividere con i fedeli, per comprendere con essi quale sia il percorso che Dio ha riservato per la Chiesa, con un’unica grande certezza, la fede.

Roberto

 

 

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La resa del Presidente

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Nulla evoca meglio la fine del mandato di Obama quanto il suo sguardo rassegnato e invecchiato, ben lontano da quella immagine di uomo forte, sognatore e determinato che ha dato nuova fiducia agli americani instillando nei loro cuori l’idea di un nuovo sogno americano. Barack Hussein Obama II è stato eletto 44° Presidente degli Stati Uniti d’America nel 2008, insignito del premio Nobel per la Pace nel 2009 e rieletto alla stessa carica di Presidente nel 2012. Non solo: è stato il primo presidente americano a parlare di diritti omosessuali e a battersi per essi. Nonostante la difficoltà nel ricoprire un incarico così delicato Obama è stato in grado di porre fine alla guerra in Afghanistan, logorante quanto quella del Vietnam, di sconfiggere il re del terrore Osama Bin Laden, di guidare il paese attraverso una crisi economica mondiale di difficile soluzione, di migliorare le condizioni di vita degli americani lanciando una campagna alimentare che potesse porre rimedio al problema dell’obesità. A Obama è riuscito tutto, o quasi. Si dice che un pessimista sia un realista ben consapevole dei fatti, ed è un Barack molto realista quello che ammette che no, purtroppo negli Stati Uniti d’America non è possibile realizzare una legge contro l’uso indiscriminato delle armi. E dire che ci ha provato in tutti i modi: dalle campagne di sensibilizzazione al cibo e generi di prima necessità in cambio di armi. Il sognatore era convinto di poter guidare un paese diversamente dal suo predecessore, quel George W. Bush così legato e dipendente dalle grandi lobby di potere, dalle armi al petrolio. La consapevolezza di non detenere il potere di realizzare una semplice legge che possa limitare e regolare l’uso delle armi tra i privati cittadini è stato un risveglio amaro e doloroso. 2405 persone sono decedute in America a seguito di stragi commesse in cinema, scuole, centri commerciali, abitazioni private, strade, piazza e altri luoghi di aggregazione, Ad ogni tragico evento di questo genere segue l’umiliazione pubblica di un uomo che presentandosi davanti agli americani chiede scusa, abbassa lo sguardo e dice “No, we can’t”.

Roberto

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I luoghi della memoria: sacrificio, difesa e patria

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Quando si affrontano tematiche come il sacrificio degli alpini durante la seconda guerra mondiale si deve procedere con estrema cautela: da un lato, non affrontando l’argomento, si rischia di dimenticare il loro contributo, umano e militare, in quel conflitto; dall’altro, se si esagera trattando l’argomento con troppa enfasi si rischia di scadere in uno scontato demagogismo. Sulla seconda guerra mondiale tutto è stato detto e scritto. Sono stati prodotti testi, video, foto, racconti; si ha oggi una vastissima gamma di informazioni che ci raccontano l’accaduto. La lente d’ingrandimento con la quale si mette a fuoco questo conflitto, per cercare di spiegarne cause ed effetti, risalta i grandi personaggi della storia di quell’epoca (Hitler, Mussolini, Churcill, Stalin) e le grandi nazioni (Germania, Francia, Stati Uniti, Russia e Giappone). Tuttavia, una messa a fuoco così ampia rischia di offuscare chi, sul campo, ha combattuto la guerra in prima persona, in prima fila. Pur non dimenticando le atrocità subite dai prigionieri nei campi di concentramento, altri milioni di uomini hanno sacrificato la propria vita per difendere la propria patria. Hanno sacrificato la propria vita per difendere la propria patria. E’ una ripetizione voluta, anche se questa frase letta con gli occhi moderni risulta antiquata perché antiche risultano essere parole come sacrificio, difesa e patria. Questi tre concetti associati alla nostra nazione sono oggi, agl’occhi di noi contemporanei, dati per scontato: è infatti naturale ed evidente che la nostra nazione non richieda il sacrificio dei propri abitanti per la difesa dei propri confini nell’interesse della propria patria. Se oggi tuttavia, questi concetti sono così scontati da passare inosservati è perché qualcuno in passato li ha dovuti affrontare. Partendo dal principio naturale che nulla si ottiene dal nulla, allora anche questi tre concetti sacrificio, difesa e patria li abbiamo dovuti ottenere, conquistare sul campo di battaglia. Negli anni quaranta non era scontato per un uomo lasciare la propria famiglia, caricarsi uno zaino in spalla e incamminarsi a piedi lungo la via per andare in guerra. A Cuneo e provincia migliaia di uomini hanno lasciato le proprie terre e prestato le proprie mani di contadini alla patria. Il motivo di questa guerra era spesso troppo difficile da comprendere, e forse a quel punto importava anche poco cercare di comprendere le cause di quel conflitto. L’unica cosa che contava era tornare a casa vivi e difendere la propria terra. Sul primo punto la storia ci racconta di drammatiche battaglie e lunghe ritirate siberiane, sul secondo i nostri alpini hanno sempre risposto presente. Diventa sempre più difficile per noi, oggi, comprendere quel sacrificio perché purtroppo con il trascorrere degli anni vengono a mancare i diretti protagonisti che hanno combattuto quella guerra. Ci rimangono tuttavia quei luoghi di memoria teatri di scontri, di assalti, di battaglie, di morti e di preghiere. Sono luoghi che dovremmo imparare a conservare perché rappresentano il nostro passato, sono testimonianza del presente e una preziosa eredità per il futuro.

Rivolgo un ricordo particolare alla Quarta Divisione di Fanteria “Livorno” che tra il 1940 e il 1943 ha combattuto sul versante meridionale della valle di Stura in zona Passo Sant’Anna, Passo Lausfer, Cima di Crosillias, nella provincia di Cuneo. Il sacrificio di questi uomini ha permesso di mantenere una testa di ponte tra i confini di Italia e Francia consentendo successivamente alle truppe francesi di sfondare le linee nemiche sul versante settentrionale, costringendo il nemico alla fuga.

Roberto

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