Fondazione e Storia del Toro

 

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Il Torino Calcio nacque nel 1906 nella birreria Voigt, a Torino.

La fondazione avvenne con la collaborazione di alcuni dissidenti della Juventus guidati dallo svizzero Alfred Dick, che in seguito diventerà presidente del neo-Toro. La nuova società, in principio, utilizza diversi colori optando poi per quello granata.

Il primo incontro ufficiale venne giocato contro la Pro Vercelli, vinto dai granata 2-1. Nel 1912 il “Toro” partecipò anche ad una tournée in Sud America, conclusasi con sei vittorie in altrettante partite.

Negli anni ’40 entrò in scena il Grande Torino, capace di vincere cinque scudetti consecutivi e di vincere in un anno lo scudetto e la Coppa Italia.
Nel 4 maggio 1949 il Toro giocò un’amichevole a Lisbona contro il Benfica, ma al ritorno, a causa di una grave nebbia, l’aereo che trasportava il Toro andò

a sbattere contro il terrapieno della Basilica di Superga, cosicché tutti i giocatori del Toro morirono in un tardo pomeriggio, più precisamente alle 17:03.

A questa grande tragedia seguirono anni molto difficili, con il Toro che tornò in serie B andando poi, l’anno dopo, a vincere la Coppa Italia.
Nel 1976 il Toro tornò a vincere lo scudetto grazie alla splendida coppia d’attacco di Graziani e Pulici.

La sfida si ripeté l’anno dopo, dove il Toro arrivò secondo dietro la Juventus, ad un punto di distanza.
Nel campionato 1989-90 il Toro tornò per la seconda volta in Europa League, conquistando la finale ma “perdendo”, per modo di dire, contro l’Ajax:  Gianpaolo Ormezzano la ricordò come una “notte senza Dio”.
Nel campionato 1990-91 il Toro vinse la sua prima Mitropa Cup.
Nel 2005 il Toro fallì a causa di diversi problemi finanziari , cosicché il Toro ripartì dalla serie B grazie al presidente Urbano Cairo. Il 26 giugno 2005, il Toro, festeggiò il ritorno in serie A.
Dopo il 2005, però, il Toro retrocesse ancora due volte, ma nella stagione 2014-15 il Toro ritornò per al terza volta in Europa League arrivando fino agli ottavi di finale contro lo Zenit, perdendo 2-0 l’andata, ma vincendo 1-0 il ritorno.

Per me, oggi, essere un tifoso del Toro significa anche saper soffrire, perché non è facile tifare questa squadra; significa anche incitare e sostenere i granata fino alla fine, per portare a casa sempre una vittoria.

Davide Aimar (11 anni)

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Vedere il presente attraverso il passato: l’accordo segreto di Sykes – Picot

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Nel 1916 venne siglato un accordo segreto tra i governi del Regno Unito e della Francia, denominato accordo Sykes-Picot, per definire le rispettive sfere di influenza nel Medio Oriente in seguito alla sconfitta dell’impero ottomano nella prima guerra mondiale.
La vittoria della Francia e dell’Inghilterra sugli ottomani fu possibile grazie all’aiuto delle popolazioni che risiedevano nell’impero, per lo più arabi musulmani. In caso di successo venne loro promessa, come ricompensa, la costruzione della Grande Arabia, un grande stato islamico e panarabico, ancora oggi obiettivo principale per i gruppi più ribelli come Al Qaida ed ISIS.
L’accordo tuttavia si rilevò non veritiero, e vennero invece creati piccoli stati sotto la diretta influenza inglese e francese: il Regno Unito ebbe il controllo delle zone comprendenti la Giordania, l’Iraq ed una piccola area intorno ad Haifa, mentre alla Francia ebbe il potere nella zona sud-est della Turchia, la parte settentrionale dell’Iraq, la Siria ed il Libano.
La suddivisione del potere venne studiata a tavolino, senza tenere conto della popolazione che si ritrovò separata da limes politici invalicabili, oltre a non aver la possibilità di autodeterminare il proprio destino storico e politico.
In queste zone, l’Europa ha esercitato il proprio dominio in forma diretta, con la presenza di funzionari inviati dal continente, fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando la maggioranza degli stati del Medio Oriente ha dichiarato la propria indipendenza.
Volgendo lo sguardo al passato, la domanda inevitabile è: che cosa sarebbe oggi del Medio Oriente, se l’Europa fosse stata meno avida e bramosa di potere, a partire dall’accordo segreto di Sykes – Picot?

Maria

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Donne sacerdotesse: il diritto all’uguaglianza nel campo ecclesiastico

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L’11 novembre 1992 il sinodo generale della Chiesa anglicana si riunì per decidere a proposito dell’apertura del sacerdozio alle donne. L’esito del voto, seguito in diretta televisiva, fu favorevole all’ordinazione sacerdotale femminile.
Come è noto, il sacerdozio femminile è escluso nella religione cattolica ed ortodossa. Già Giovanni Paolo II aveva reso nota la propria posizione al riguardo nella lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis del 22 maggio 1994, e anche papa Francesco si è espresso sull’argomento: “per quanto riguarda l’ordinazione delle donne, la Chiesa ha parlato e ha detto no. Giovanni Paolo II si è pronunciato con una formulazione definitiva, quella porta è chiusa. Ma ricordiamo che Maria è più importante degli apostoli vescovi, e così la donna nella Chiesa è più importante dei vescovi e dei preti”.
La Chiesa sostiene che non ci siano motivi pregiudizievoli contro il sacerdozio delle donne, tuttavia il dubbio sorge spontaneo. Che cosa ha impedito alla Chiesa, nel corso dei secoli, di aprire alle donne la possibilità di far parte dell’Ordine Sacro? Risponde Giovanni Paolo II: “il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli apostoli né il sacerdozio ministeriale, mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all’ ordinazione non può significare una loro minore dignità o una discriminazione… Il ruolo femminile nella vita e nella missione della Chiesa, pur non essendo legato al sacerdozio ministeriale, resta assolutamente necessario e insostituibile”.

Maria 

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La Chiesa nella tempesta

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La corruzione del clero, specialmente quello romano, è un fenomeno oramai bi-millenario. Esso trae la propria origine dall’antica pratica delle famiglie aristocratiche prima solo romane, poi delle varie signorie italiane, di collocare un proprio familiare all’interno della curia romana, se non addirittura condurlo al pontificato. Come non ricordare allora, a tal proposito, due importanti esponenti della potente e prestigiosa famiglia fiorentina dei Medici che salirono al soglio pontificio: Giovanni di Lorenzo dé Medici, pontefice con il nome di Leone X e Alessandro di Ottaviano dé Medici. Anche se nel medioevo e successivamente nel rinascimento il potere papale si riduceva al controllo del Lazio, di parte della Campania a e della Toscana, assimilabile quindi alle altre signorie presenti sul territorio italiano, il suo potere spirituale era talmente forte e importante da influenzare non solo le signorie stesse, ma anche i conquistatori stranieri, ad esempio i francesi. La deriva della corruzione del clero si ebbe con la compravendita delle indulgenze e la riduzione a mero pagamento economico della remissione del peccati, della salvezza dell’anima e del posto in paradiso. Solo alcuni pontefici, forti spiritualmente e a cui interessava il bene delle anime cristiane hanno tentato, durante il loro periodo di governo della Chiesa, di arginare queste derive da parte di tanti clericali poco spirituali e più economi. Ancora oggi la lotta è dura e, come dimostrano le ultime vicende interne al Vaticano dimostrano, senza esclusione di colpi. Oggi di quel messaggio cristiano divulgato dai primi apostoli rimane un flebile filo di spiritualità che consente alla Chiesa di continuare il proprio cammino di fede, seppur zoppicando. Quanto sono attuali oggi quelle parole che Paolo di Tarso scrisse nella I° lettera ai Corinzi come monito ai primi cristiani spersi sulla via di Cristo e come guida per ritrovare la strada della spiritualità vera: “…fede, speranza e carità, ma di queste la più importante è la carità”.  Queste tre virtù teologali furono i tre pilastri scelti da Paolo come fondamenta per costruire la Chiesa di Cristo. Pilastri che oggi come ieri sprofondano in un terreno troppo malsano e paludoso. Innocenzo III sognò che i pilastri della Chiesa stavano cedendo e che essa era oramai sull’orlo del precipizio quando vide un uomo, un povero vestito di stracci che sorresse gli stessi pilastri e risollevò la Chiesa, Innocenzo III vide chiaramente Francesco d’Assisi in quel povero. Oggi un altro Francesco cerca di risollevare quei pilastri, forte di fede, speranza e carità, almeno la sua.

Roberto

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La conquista del diritto alla Lettura

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Oggigiorno è quasi scontato che chiunque sia in grado di leggere e di scegliere che cosa vuole leggere. In verità, questa conquista sociale è relativamente recente, soprattutto per quanto riguarda il mondo femminile.
Nel mondo occidentale l’alfabetismo di massa fu raggiunto soltanto durante il XIX secolo. Tuttavia la percentuale di lettrici femminili era molto diversa tra le residenti in città e in campagna, e soprattutto tra le capitali e il resto dei paesi.
Le prime letture che le donne ottocentesche erano incoraggiate ad intraprendere erano di stampo prettamente religioso, quali alcune vite dei santi e la Bibbia. Col tempo però le donne furono attratte da tipi di lettura per così dire più laici, e sorsero nuove tipologie di testi dedicati al mondo femminile come i libri di cucina e i romanzi popolari economici. I romanzi erano ritenuti squisitamente adatti alle donne, a loro volta viste come creature con capacità intellettive limitate, frivole ed emotive. Pertanto, il romanzo popolare fu ben presto associato a donne di scarse qualità e di dubbia moralità, donne che si lasciavano trascinare dall’immaginazione e dalle fantasie passionali di personaggi puramente inventati, come, per citarne uno soltanto, la famosissima Madame Bovary di Flaubert.
Questo tipo di letture erano quindi spesso, soprattutto nelle zone rurali, vietati dai capofamiglia.
Con l’avvento della prima guerra mondiale la donna poté cambiare la propria posizione sociale soprattutto a causa dell’assenza della figura maschile, impegnata sul fronte: molte donne ebbero infatti l’opportunità di cambiare il proprio stile di vita e il contesto sociale, estesero gli scambi interpersonali e si ritagliarono lo spazio necessario per frequentare circoli culturali e biblioteche.
Se si analizzano i tassi di analfabetismo oggi, c’è comunque un dato allarmante: secondo i dati dell’Institute for Statistics dell’UNESCO, il numero totale di analfabeti è di circa 771 milioni, di cui 2/3 di donne. Questo numero fa riflettere e pone sicuramente l’accento sulla disparità tra i sessi, tutt’oggi ancora presente, e sulle diverse possibilità di accesso alla cultura che hanno uomini e donne.

Maria 

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